Quelli che stampano i libri perché ci credono – Più libri più liberi 2013

Più libri, più liberi – XII Fiera nazionale della piccola e media editoria
05/08 dicembre 2013 – Palazzo dei Congressi, Roma

Tutti gli anni è così. È diventato una specie di rito: si arriva al Palazzo dei Congressi dopo la colazione nell’elegante bar di fronte, si fanno i biglietti e appena entrati nella hall Franzi deve andare in bagno. Succede che proprio di fronte alle scale che discendono verso gli affollati “toilet rooms”, cioè dove io rimango ad aspettare, ci sia lo stand delle Edizioni Giuntine, una casa editrice che si occupa di autori ebrei, e si dà il caso che la tipa del suddetto stand, sempre la stessa da svariati anni è davvero molto carina. Per farla breve tutti gli anni che veniamo a PLPL, Franzi scende in bagno e io rimango di sopra a guardarmi la tipa per un pò, che è bello che sia sempre la stessa; è quasi una garanzia, è molto gentile ed ha un bel sorriso. Anche se, nonostante gli anni, lei non mi abbia mai degnato di uno sguardo: ma anche questo fa parte del rito.

Poi Franzi risale, mi guarda con occhi sospettosi, io faccio finta di essere molto interessato alla cultura ebraica e la visita può iniziare.

SAMSUNGQuest’anno mi sembra più affollato del solito, forse perché è sabato, anche se da come ci racconta una ragazza che lavora all’organizzazione, c’è stata molta affluenza anche durante gli altri giorni: gli eventi sono stati davvero tanti, numerose le conferenze, gli incontri con gli autori, i laboratori per bambini e le letture.
Bisogna riconoscere che ormai questa fiera è diventata un appuntamento importante, sia per Roma, sia a livello nazionale, e con molto più senso della fiera del libro di Torino, secondo me. Perché dico, alla fine che senso ha una fiera fatta con i grandi dinosauri dell’editoria (vedi Mondadori e simili), cioè dei libri che trovo dovunque, pure al supermercato sotto casa? Infatti quando ci sono stato, alla fiera di Torino, (eh si… non mi faccio mancare nulla) mi è sembrata un enorme supermercato e basta.

Trovo invece molto più dinamica e interessante una fiera come questa, perché oltre ad essere una vetrina diventa anche un punto d’incontro per realtà a volte molto piccole, che fanno fatica a trovare spazio nei normali circuiti librari (figuriamoci al supermercato sotto casa). Che poi io i libri al supermercato non li compro manco con lo sconto.

Gli stand chiaramente sono tantissimi e la varietà umana davvero infinita. Naturalmente c’è di tutto: dalla casa editrice esoterica a quella che fa solo libri di cucina vegana, a quella sulla letteratura degli hare krishna a quella che stampa soltanto libri (fai conto) sulla storia del sindacato albanese, dalle case editrici già lanciate sul mercato a quelle che hanno tre libri in catalogo, a quelle che se gli dai i soldi ti stampano un libro come vuoi tu ma poi ti devi comprare tutte le copie, a quelle che dicono che sono una casa editrice ma poi vendono le magliette o addirittura i gioielli fatti in casa. Si potrebbe elencarne all’infinito.

Uno dei più curiosi trovati quest’anno è lo stand di un editore, che non ricordo come si chiama, che ristampa piccoli opuscoli storici, di poche pagine, in edizioni limitatissssime e numerate, vergate su carta preziosisssssima, rilegate e cucite a mano, il tutto per tipo 50 euro a botta. Ho visto un signore anziano che gli ha sganciato un centone per due opuscoli.

La cosa buffa poi è che mentre cammini ti riempiono di cataloghi gratuiti, inviti per le 0presentazioni, brochure, volantini, riviste gratuite che non passa neanche mezz’ora e hai tre chili di carta addosso e non sai che farne, buttarla oddio no… finisce che infili tutto nello zaino, che a casa nostra prende poi regolarmente strada nella stufa. Non è colpa mia se la fiera del libro la fanno in inverno, che poi la carta dei cataloghi è anche pessima per accendere il fuoco.

Una delle cose che mi fa più divertire della fiera è invece osservare le differenze tra stand e stand, che ti dicono molto anche del carattere e delle politiche dei vari editori. Ce ne sono alcune che ti accalappiano e fanno di tutto per illustrarti i loro libri: ragazze volenterose che ti raccontano le trame di ogni romanzo e la storia dell’autore, ti fanno vedere il nuovo shopper della casa editrice, ti dicono che solo un ragazzo intelligente come te può comprare i loro libri. Alcune, le più ardite, non risparmiano occhiate e sorrisini complici e questo è tipico delle case editrici con un taglio più giovanile. Che a volte io finisco per comprare un libro, solo per compiacere la ragazza di turno.

Poi ci sono quelli che fanno gli amiconi, quelli che se compri un libro da loro sei già parte di una ristretta cerchia di gente che capisce. I disperati, c’era una signora che ripeteva in loop a tutti:

“Ciao! Sono un autrice, autografo il mio libro! Ciao! Sono un autrice, autografo il mio libro!”, a ripetizione, il tutto nell’indifferenza generale. E all’ultimo ci sono quelli che ti chiedi perché sono lì, cioè quelli che sono lì tranquilli a farsi i cavoli lori, davanti a un pc o a chiacchierare, non ti degnano di uno sguardo, e non solo, se ti fermi a guardare i loro libri ti guardano pure infastiditi e l’ultimo libro che hanno segnato come novità di solito porta scritto: “Finito di stampare nel 1968”.

E poi un bambino vestito elegante, come un piccolo scrittore, con una stella rossa appuntata al petto mi ha regalato un segnalibro. Vai a capire, adesso.

Tonnellate e tonnellate di carta, di tutte le dimensioni e qualità, chissà se hanno pensato ad un buon piano antincendio.

Comunque tutti parlano di libri, tutti s’interessano ai libri, tutti scrivono libri e tanti vorrebbero lavorare in una casa editrice. “Salve, ho fatto un master in editoria, sono laureato in lettere, ho la specializzazione in vattelappesca, volevo lasciare un mio curriculum, adoro la vostra casa editrice”. Oppure: “Salve, sono un giovane illustratore bravissimo, vorrei fare subito un mio libro con voi, siete disponibili?”. Ecco, ne è pieno, e vi risparmio i giovani scrittori incompresi perché sono quelli vestiti peggio. L’Italia è piena di autori, aspiranti editori, illustratori, però nessuno legge. L’editoria italiana quest’anno, se non era per Peppa Pig, era a un passo dalla canna del gas.

00Ma continuiamo il nostro percorso. Forse gli stand dei libri d’illustrazione sono davvero i più belli, puoi prendere quei libri così grandi e colorati, aprirli, annusarli: è davvero uno spettacolo, ce ne sono di tutti i tipi e a volte sono vere e proprie opere d’arte, come nello stand di Corraini, casa editrice che fa robe fantastiche, e solo per il fatto che ha stampato tutti i libri di Bruno Munari andrebbe ringraziata a vita. Poi c’era lo stand della casa editrice Elliot, una realtà in grande crescita, libri interessanti e edizioni fighe. Compro l’autobiografia di Edna O’Brien, scrittrice irlandese, con in copertina una foto di lei bellissima che fuma una sigaretta. C’è Iperborea, che stampa quei libri lunghi e stretti, soltanto per noi pazzi che ci piace la letteratura del Nord: hanno tradotto e stampato mostri come Stig Dagermann, Halldor Laxness, Knut Hamsum, mostri buoni naturalmente, come si può non essere grati? Poi c’è il Melangolo,  Sellerio, ISBN; c’è Mattioli 1885 che stampa molti libri della letteratura americana classica, belle edizioni corpose e ha una ragazza dai capelli rossi niente male allo stand; c’è Quodlibet che io ringrazierò sempre per aver curato due libri sconosciuti di Robert Walser, ma soprattutto per averci dato modo di leggere quel grande capolavoro che è l’edizione integrale di Giù la piazza non c’è nessuno di Dolores Prato, una autrice italiana troppo dimenticata. Trovo nello stand dell’editore Textus, che non conoscevo, la bella sorpresa di una ristampa del primo libro di (a proposito di scrittrici troppo e ingiustamente dimenticate) Laudomia Bonanni.

Ecco, penso che è bello che esistano case editrici così, che si prendono la briga di stampare dei libri con cui sicuramente non faranno mai i soldi, ma che lo fanno perché è giusto, perché ci credono e perché fare dei libri così è un dono. E mi viene un moto d’affetto che quasi li abbraccerei tutti. Perché senza il loro lavoro, di certo un po’ disperato, (fare editoria in Italia oggi è davvero un’impresa da folli) non potremmo avere tra le mani e sotto gli occhi alcuni tesori preziosissimi, che alla grande distribuzione non interesserebbero mai. E ci insegnano che i libri non sono necessariamente solo un prodotto da vendere, ma anche (molto) altro. E che non esistono solo quelli che trovi al supermercato, quelli cioè scritti dai cantanti, dai calciatori e dalle ex modelle in menopausa.

Qui, in una fiera come questa, in questo allucinante pout-pourri umanoide, alcune di queste persone, che lavorano sul serio con i libri, puoi guardarle negli occhi, scambiarci due parole, dargli la mano e magari complimentarti per quello che fanno. O magari conoscere lo scrittore che ti piace. Io una volta a Più Libri più Liberi ho dato la mano a Edoardo Sanguineti (o era a Torino? boh…).

E poi puoi guardare qualche ragazza carina dietro uno stand, ce ne sono alcune non male, ma questo l’ho già detto mi pare, no?

– Cristiano Mancini –

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