“Basta sognare. Entrare nel mondo dei sogni (di Murakami) e non uscirne più”
Quando ho preso in mano per la prima volta il libro di Murakami Haruki, La ragazza dello Sputnik (1999, prima traduzione italiana di Giorgio Amitrano pubblicata da Einaudi nel 2001), non potevo immaginare che una delle cose che avrei imparato, una volta finita la lettura, sarebbe stato che l’amore è possibile solo se impossibile. Può sembrare una contraddizione, ma se pensiamo al modo in cui abbiamo vissuto quel sentimento quando eravamo adolescenti, ci rendiamo conto che i nostri innamoramenti più forti erano per qualcuno di “impossibile” da avere, che le nostre passioni erano tanto più sfrenate quanto più ci sembravano impossibili da realizzare. Non si tratta quindi di una constatazione pessimistica, ma di un dato di fatto: l’amore impossibile è quello che ci spinge a continuare ad amare.
É l’amore impossibile a fare da motore per il racconto della vita della giovane Sumire, protagonista del romanzo. Il giovane che racconta, di cui non conosciamo il nome, è un insegnante elementare segretamente innamorato di Sumire; tra di loro, però, c’è solo una profonda e indissolubile amicizia, fatta di telefonate nel cuore della notte e lunghe conversazioni sulla riva del fiume. Sumire è una giovane ragazza, disordinata, fuori dal comune, istintiva e ingenua, innamorata dei libri e della letteratura; adora i romanzi di Kerouac e da grande vorrebbe fare la scrittrice. Trascorre nottate intere davanti al computer per scrivere il romanzo della sua vita, ma vive costantemente nella frustrazione di non saper dare un inizio e una fine al suo racconto. Il suo mettersi a scrivere è quindi quasi più un impulso della mente che un vero e proprio lavoro. Un giorno Sumire incontra Myu, “la ragazza dello Sputnik” che dà il titolo al romanzo. Chi è Myu? Una donna più grande di lei, bellissima e raffinata, responsabile di un’azienda che si occupa dell’esportazione di vini. Sumire, che prima di quel momento non aveva mai provato attrazione per nessuno, e neanche per il giovane insegnante, si scopre perdutamente innamorata di Myu. Anche Myu si affeziona a Sumire e decide di assumerla come sua segretaria, ma non proverà mai la stesso sentimento della ragazza, pur dimostrandole un grandissimo affetto. Durante il loro primo incontro, Myu sbaglia il nome della corrente letteraria a cui appartiene Kerouac, la beat generation, chiamandola, appunto, Sputnik:
“Da allora Sumire ribattezzò dentro di sé Myu ‘la mia ragazza dello Sputnik’. Amava il suono di quell’espressione. Le faceva pensare alla cagnetta Laika. Il satellite artificiale che attraversa silenzioso il buio del cosmo.”
Questi tre personaggi, anche se in maniera diversa, vivono nella totale assenza di stabilità e costantemente in balìa delle proprie insicurezze. Il loro vagare nel mondo si può paragonare alle traiettorie compiute dal satellite artificiale lanciato in orbita, lo Sputnik appunto, che in russo vuol dire “compagno di viaggio”. Sumire è la compagna dei viaggi mentali, intellettuali, filosofici, letterari, sentimentali del giovane, ma anche dei viaggi di lavoro di Myu che la porta con sé fino a Rodi.
Quando ho finito di leggere il romanzo, ho pensato che anche io avrei voluto avere una compagna di viaggi così, o meglio, mi sono ricordata di quella frase che ho letto da qualche parte, ma non ricordo chi l’ha pronunciata; suona più o meno così: “un libro è un buon libro quando, una volta finito di leggere, vorresti essere amico del protagonista”. La ragazza dello Sputnik è quel libro che, una volta terminato, hai voglia di prestare, consigliare, regalare agli amici. É il libro che, mentre lo leggi, non importa quanto manchi alla fine, o a che numero di pagine sei arrivato; è il libro che metti in borsa e apri quando hai pochissimo tempo a disposizione, ma ti regala passaggi come questi: “ […] e avvertì il battito del cuore rimbombarle in petto come gli zoccoli di un cavallo impazzito, che attraversa a galoppo un ponte di legno”; è il libro che, dopo aver finito un paragrafo vai da una persona a cui vuoi bene per dirle “ ti prego leggi da qui a qui, è bellissimo”. É destinato a chiunque ami le storie di viaggio, i romanzi di formazione e i gialli, perché si può collocare allo stesso modo in tutti e tre i generi appena citati. Costantemente corredato di riferimenti alla musica classica, in particolare ai Lieder di Mozart tanto amati dall’ autore, è un romanzo che si adatta benissimo alla lettura “con cuffiette”, cioè accompagnata dall’ascolto della musica (una cosa che facciamo molto spesso, noi giovani lettori della generazione dell’ i-pod, l’ iMac, l’ i-phone): che bello è stato leggere di quando la mamma di Sumire ha scelto questo nome per la figlia in ricordo dell’aria di Mozart La violetta… ascoltandola da Youtube!
Non si può, infine, non ammirare un libro in cui viene raccontato un sentimento come l’amore, possibile o impossibile, realizzabile o irrealizzabile, indagato e sviscerato in tutte le sue forme, anche quella omosessuale: l’amore, quando incondizionato, ci spinge oltre ogni limite, ci porta lontano e, com’è successo alla piccola cagnetta Laika, ci lancia in orbita.
– Roberta Russo –